Genitori e insegnanti cosa possono capire dal disegno dei bambini?
Il disegno nel mondo del bambino rappresenta un momento fondamentale di contatto e comunicazione che viola le regole della comunicazione verbale entrando nella profondità emotiva della relazione. Possiamo avere la certezza che un disegno è sempre rivolto a qualcuno e, come nelle comunicazioni verbali, che stia al posto di "qualcosa" nella relazione. Ogni disegno rappresenta un'opera d'arte perchè unico in quel momento e nel significato che vuole assumere. I bambini di fronte alla richiesta di disegnare, spesso consueta e comune dello psicologo, l'educatore o il terapista, sovente affermano "...ma io non sono capace a disegnare bene...". Quando il bambino entra in contatto pieno con i propri pensieri e sentimenti, il disegno diventa un atto creativo libero, spontaneo e unico, la mano si lascia andare e inizia a far scivolare la matita e le tinte sul foglio dando il via alla danza dei colori e delle emozioni. Il momento in cui si osserva un bambino disegnare è un momento di contatto incredibile per l'adulto e le nostre "vibrisse" emotive cominciano a risuonare di quanto percepiscono i nostri occhi; tutti i sensi si mettono in allerta a visualizzare ciò che sta prendendo forma.
Il nostro pensiero tende, quindi, ad inquinarsi di fronte ai tentativi di interpretazione più spesso legati ad una nostra proiezione perdendo il contatto con il resto dei sensi che "ascoltano e sentono" il disegno in quella particolare relazione. L'intepretazione lascia sempre poco spazio alla relazione con il bambino cui forse andrebbe chiesto (nei diversi contesti in differenti modi) cosa vuole comunicare (e comunicarci) con il suo disegno. Nel setting della psicoterapia della gestalt si ricorda di come ha un senso nella comunicazione quando il paziente ci racconta un sogno in quel preciso istante, lo racconta al terapeuta che ne intuisce un'intenzionalità comunicativa. Allo stesso modo sono convinto che il bambino che decide di fare un disegno faccia altrettanto e vada reso protagonista di questo nella co-creazione di un significato condiviso. Un titolo, una storia, una metafora, un ricordo; questo può sostenere un nuovo significato.
Cosa chiedere ad un bambino che ha appena terminato un disegno? Forse "come stai" (e come sto io, che emozioni provo, che sensazioni mi regala l'atto del disegnare) sarebbe la domanda più adeguata valorizzando il gesto artistico e creativo piuttosto che non il gesto grafo-pittorico (visto dal bambino come attività di performance) che potrebbe risentire maggiormente del livello di maturità o di predisposizione. In questo senso il disegno rappresenta una gestalt (unità) di diverse parti: il livello di sviluppo intellettivo, il livello di sviluppo emotivo, contenuti di variazione rispetto a tali sviluppi (tratto, contenuti, ordine, ecc.) e tutto più che interpretato andrebbe, a mio modesto parere, ricondotto all'esperienza delle relazioni del bambino. Troppo spesso, anche quando questo non ha senso rispetto alla situazione, il rischio è quello di dare più peso all'interpretazione del disegno che non allo slancio creativo con cui il bambino decide di esprimersi.
Credo che in una realtà così intepretativa si debba al momento giusto riconoscere un valore importante all'ovvietà che a volte dimentichiamo essere la parte più stupefacente della relazione e vera fonte di consapevolezza.